Una delle parole di cui si parla di più da qualche settimana è il cosiddetto “metaverso”. Certamente la ragione si spiega con la svolta lanciata dal Mark Zuckerberg, che ha elevato il termine agli onori delle cronache, ribattezzando il suo gruppo da Facebook a “Meta”.Ma oltre ad aver avviato un poderoso cambio di nome (all’inglese “rebranding”), il colosso non si limiterà a connettere le persone, ma, appunto, punterà al cosiddetto metaverso, ovvero, un mondo virtuale nel quale proiettare – letteralmente – la nostra identità digitale.
Nel metaverso, come possiamo già vedere e apprezzare in un ambiente come Swiss Virtual Expo, trasformeremo la nostra casa in un luogo “aumentato”. Qui i nostri amici, colleghi, conoscenti e clienti si materializzeranno davanti ai nostri occhi attraverso avatar. E lo potranno fare ovunque essi siano con o senza occhiali e visori di realtà virtuale.
E quindi, non può destare stupore se negli ultimi giorni proprio il metaverso sta attirando sempre più l'attenzione della moda, sportswear compreso. Così Nike ha depositato la domanda per il brevetto ufficiale per alcune sue proprietà nel mondo virtuale. Per la precisione, si tratta di sette domande diverse, che comprendono fra le altre il nome Nike, il suo simbolo (lo swoosh, cioè il celebre “baffo”), il claim «Just do it», il marchio Jordan e il corrispettivo logo Jumpman. Come riferisce MFFashion: “L'idea del brand americano sarebbe quella di portare nel mondo virtuale i prodotti che Nike vende nella realtà, offrendo ai propri clienti che frequenteranno la realtà aumentata proposta da Mark Zuckerberg la possibilità di vestirli a livello digitale. Come riporta la stampa estera, la domanda è stata ufficializzata il 27 ottobre e permetterebbe, con i loghi registrati, la creazione digitale di calzature virtuali non scaricabili, ma anche capi di abbigliamento, come: copricapi, occhiali, borse, borse sportive, zaini, attrezzature sportive, arte, giocattoli e accessori da utilizzare in ambienti virtuali”.
A confermare le intenzioni di Nike contribuisce il fatto che nello stesso periodo si sono anche aperte alcune posizioni lavorative per creare contenuti in questo settore. Nike starebbe cercando un "virtual material designer of footwear" e un "virtual designer", da inserire nel proprio team che si occupa della produzione di contenuti digitali. Va anche detto che non è la prima volta che il brand di abbigliamento lavora per digitalizzare i propri prodotti. Infatti, le sue scarpe sono presenti in decine di giochi sportivi e di recente c'è anche stata una collaborazione Fortinte, ma secondo alcune fonti interne a Nike contattate da CNBC, “la creazione e la vendita di beni virtuali sarà centrale per la sua strategia futura e questa mossa intende preparare ulteriormente il terreno per le iniziative che verranno”.
Come osserva Giulia Sciola su Pambianco: “Dal canto loro, i brand del lusso sono scesi in campo con le prime vendite in ambito virtuale. A ottobre, una collezione Nft di Dolce & Gabbana ha raccolto circa 5,7 milioni di dollari all’asta. Gli Nft, acronimo dell’espressione inglese ‘Non-Fungible Token’, sono dei certificati di autenticità digitale che designano, in quanto virtuali, dei contenuti intangibili e potenzialmente replicabili all’infinito. A renderli unici è la certificazione che avviene tramite blockchain, sistema che regola e registra transazioni e tracciamenti, e che nel caso degli Nft certifica opere d’arte e videogiochi, beni di lusso e, naturalmente, pezzi d’alta moda. Lo scorso 11 marzo, l’opera digitale ‘The First 5000 Days’ di Mike Winkelmann, meglio conosciuto come Beeple, è stata venduta per 69 milioni di dollari dalla casa d’aste britannica Christie’s, spingendo sempre più in là il confine degli spazi presidiati dall’arte. È stata sempre Christie’s a mettere all’asta l’opera ispirata al fashion film ‘Gucci Aria’, co-diretto da Alessandro Michele e dalla fotografa Floria Sigismondi, venduto all’asta per 20mila dollari”.
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