Articolo apparso sul blog di ated-ICT Ticino ospitato su TIO
Anche il mercato nero della contraffazione e del falso di prodotti del lusso si adegua ai tempi che corrono. Ed è così che Facebook e Instagram si sarebbero trasformati (anche) nei nuovi poli digitali per la vendita di prodotti fashion di lusso. Peccato che, però, si incrocino spesso capi rigorosamente falsi. A sostenerlo è l’agenzia Reuters, che non manca di mostrare alcuni esempi clamorosi. E come osservano anche gli analisti di Pambianco: “nonostante la lotta di Meta per impedire la proliferazione di questo mercato, falsi Gucci, Fendi, Prada, Chanel, Louis Vuitton, e tanti altri, continuano a essere venduti quotidianamente sulle piattaforme che fanno capo alla galassia guidata da Mark Zuckerberg”.
In effetti, soprattutto i canali social sono diventati delle vere e proprie piazze digitali dei giorni nostri. Ma stanno primeggiando anche per il fiorente mercato della compravendita di imitazioni di marchi di lusso. In pratica stanno occupando il non ambito posto, che fino a 5-10 anni fa spettava rispettivamente a Amazon e eBay. Anche perché proprio il colosso di Seattle fondato da Jef Bezos, ad esempio, ha messo in opera negli ultimi anni una vera e propria politica anti-contraffazione, con team interni dedicati e accordi specifici con marchi e brand spesso oggetto di copia truffaldina. Come recitano le policy, infatti: “I prodotti in vendita su Amazon devono essere autentici. È severamente vietato vendere prodotti contraffatti. La mancata osservanza di questa politica può comportare la revoca dei privilegi di vendita, il blocco dei fondi e la distruzione dei prodotti immagazzinati presso i nostri centri logistici”.
Ma come funziona il mondo della contraffazione attraverso i social? Quello che si scopre è che i falsari sfruttano gli strumenti di messaggistica pubblica e privata per raggiungere gli utenti, aggirando i controlli che non sembrano essere sufficienti per bloccare il fenomeno. Un’indagine guidata dalla società di analisi dei social media Ghost Data e condivisa esclusivamente con Reuters, mostra più nel dettaglio l’ampiezza del fenomeno. Nello studio che prende in esame l’arco temporale giugno-ottobre 2021, la società ha identificato più di 26mila account dediti alla contraffazione di lusso su Facebook e circa 20mila profili su Instagram. Numeri in aumento rispetto al conteggio dello scorso anno, ma in calo rispetto al picco del 2019, quando erano stati identificati circa 56mila account. A livello geografico, circa il 65% dei falsari virtuali avevano sede in Cina, seguito dal 14% in Russia e dal 7,5% in Turchia.
Come osservano gli analisti di Pambianco: “Il commercio online è una priorità chiave per il business di Meta che, negli anni, ha creato nuove e sempre più intuitive funzionalità d’acquisto per incrementare le entrate. Ma contemporaneamente la società deve far fronte a pressioni come il monitoraggio degli annunci e la crescita degli utenti che vendono merce contraffatta che rappresentano ormai un problema persistente che l’azienda deve anche affrontare in maniera continuativa attraverso il controllo di legislatori e autorità di regolamentazione sulla moderazione dei contenuti. Per quanto riguarda gli acquirenti, invece, questi sono consapevoli di non acquistare un prodotto originale e i danni includono i colpi alle vendite e alla reputazione dei brand, potenziali problemi di sicurezza delle merci non regolamentate e legami tra contraffazione e attività criminale organizzata”.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che ha stimato che il commercio globale di prodotti contraffatti è stato di 464 miliardi di dollari (407,2 miliardi di euro) nel 2019, ha spiegato che il boom dell’e-commerce nel 2020-21 ha portato anche a una crescita massiccia della fornitura di merci contraffatte online.
Secondo quanto riportato da Bof (Business of Fashion), Chanel, Gucci e Prada hanno affermato che la loro lotta contro i contraffattori ha portato alla rimozione di centinaia di migliaia di post sui social media lo scorso anno. Dal canto suo, il colosso del lusso di Bernard Arnault, Lvmh, avrebbe speso circa 33 milioni di dollari per combattere la contraffazione nel 2020.
Insomma, è sempre utile muoversi con cautela e acquistare da siti certificati, perché l’industria del falso evolve e individua sempre nuove formule e piazze, su cui muoversi in modo più o meno disinvolto.
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