Articolo apparso sul blog ated-ICT Ticino ospitato sul TIO
Una delle notizie più rilevanti delle scorse settimane in ambito piattaforme eCommerce è stata l’acquisizione di Depop da parte di Etsy. L’operazione si inserisce in un ambito molto particolare delle vendite online, quello relativo ai prodotti di seconda mano, che secondo una ricerca di Global Data durante la pandemia è aumentato di 25 volte in più rispetto al mercato delle vendite online di prodotti nuovi.
A mettere a segno il colpo è stato Etsy, un marketplace americano quotato al Nasdaq e specializzato in prodotti fatti a mano e vintage, che ha infatti comprato per 1,625 miliardi di dollari (ovvero 1,4524 di franchi svizzeri) l’applicazione di e-commerce Depop.
Depop è una startup che conta oltre 400 dipendenti nella sede di Londra e negli uffici di Manchester, Los Angeles, New York e Sydney. È stata fondata nel 2011 dall’italo-britannico Simon Beckerman ed è cresciuta nell’incubatore per startup H-Farm, che si trova in provincia di Treviso. La possiamo descrivere come un social network che permette a chiunque di vendere e acquistare capi di abbigliamento e accessori usati. Il guadagno avviene trattenendo una commissione del 10% su ogni transazione. Nel 2020 Depop ha raggiunto i 70 milioni di dollari di fatturato raddoppiando il giro d’affari dell’anno precedente. Etsy, che nasce come marketplace per artigiani e piccoli venditori di oggetti vintage, ha registrato un aumento delle vendite durante i primi mesi della pandemia e poi un calo in seguito alla riapertura dei negozi. Fra l’altro secondo il sito di tecnologia The Verge, solitamente molto bene informato, il principale motivo che potrebbe aver spinto Etsy ad acquistare Depop è quello di assicurarsi una solida base di utenti più abituati allo shopping online che a quello in negozio. E poi attraverso questa operazione Etsy può raggiungere utenti più giovani di quelli attuali, la cui media è di 39 anni: il 90 per cento degli utenti di Depop, infatti, ne ha meno di 26.
Fra l’altro negli ultimi tempi sempre più giornali e blogger di moda si sono concentrati su Depop, che essendo molto simile a Instagram secondo Vogue America si è consolidata come «l’app di cui si parla di più nel Regno Unito» e «un paradiso per lo shopping dell’usato per i millenials» (cioè i ventenni). Come Instagram, Depop permette di seguire altri profili e si definisce una applicazione pensata per fare “social shopping”, proprio perché il principale punto di forza è infatti l’aspetto “social”, che consente agli utenti di inviarsi messaggi, commentare le foto, inserire gli oggetti che desiderano in liste che possono essere commentate da altri utenti. In breve, sintetizza Vogue «è di gran lunga più divertente che starsene a casa da soli davanti a un computer, sperando di adocchiare qualcosa su eBay».
Tra i venditori questi ci sono anche molti personaggi famosi: ad esempio, la modella e artista Dita Von Teese, che usa Depop per vendere lingerie e l’ex giocatore di basket Shaquille O’Neal, che propone vecchi numeri di riviste sportive autografate. Anche la fashion blogger Chiara Ferragni ha un profilo, seguito da circa 1 milione e 69mila utenti, che ha aperto in cambio di un compenso dall’azienda. Proprio la possibilità di acquistare direttamente dai personaggi famosi oggetti che sono loro appartenuti è una delle chiavi del successo di Depop, anche perché esiste una chat che permette al cliente di comunicare col venditore prescelto.
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