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CSI Lugano: il digitale in aiuto della scienza forense - Blog Ated – ICT Ticino - Ated

Scritto da ated | 16 apr 2021

L’Opinionista: con Matteo Gallidabino, ticinese ora professore assistente in scienze forensi alla Northumbria University


 

La rubrica l’Opinionista in collaborazione con Corriere del Ticino per questo mese incontra Matteo Gallidabino, professore assistente in scienze forensi alla Northumbria University, intervistato da Davide Proverbio. Il video integrale è a questo link.

Ci sono settori e ambiti di studio che sono attraversati dal digitale e dall’innovazione in modo dirompente. È il caso delle scienze forensi, che per effetto di alcune evoluzioni tecnologiche stanno cambiando totalmente approccio e modalità di indagine. Questo avviene a partire dalla scena del crimine, che oggi prevede la possibilità di essere analizzata e studiata con metodi basati sul machine learning e l’intelligenza artificiale (AI). E proprio in questo scenario che spesso vediamo in alcuni produzioni cinematografiche, come i vari CSI di matrice americana, si muove tra i massimi esperti al mondo Matteo Gallidabino, luganese di origine ma da alcuni anni professore in una prestigiosa università anglosassone. Lo abbiamo incontrato con Davide Proverbio e ne è scaturita un’intervista originale, che trovate in sintesi qui di seguito.

Matteo, da cosa nasce l’interesse e la passione per sviluppare nuovi approcci di studio e analisi attraverso le tecnologie digitali?

«Sono sempre stato molto appassionato dei fenomeni legati al mondo forense e sono partito proprio dal Ticino andando a studiare all’Università di Losanna, che è la più antica al mondo in queste discipline. Il mio campo di studio è legato alle tracce chimiche, dalla polvere da sparo, agli esplosivi, alle droghe, ad eventuali medicine o componenti di natura sintetica. In pratica, io studio e analizzo come quel residuo chimico abbia potuto raggiungere la scena del crimine. Ma se prima erano i veleni il focus della ricerca, oggi ci sono molte altre sostanze che possono essere analizzate, perchè la tecnologia ci può permettere di ricostruire la catena criminale e di profilare, ad esempio, le droghe che sono presenti in una certa situazione criminosa».

Potremo cadere in uno scenario alla Minority Report in cui saranno le macchine a scoprire chi è il colpevole?

«L’AI e il machine learning sono un supporto importantissimo, capace di cambiare profondamente le scienze forensi. Sono oggi diventate fondamentali perché aiutano a estrarre informazioni, ma a mio modo di vedere non si possono sostituire all’ingegno e creatività umana. Non prevedo ci possa essere un futuro distopico, in cui si darà alla macchina il potere di decidere e risolvere un caso, ma certo avremo sempre investigatori che utilizzeranno al meglio le innovazioni. Infatti, il rischio delle macchine è che se sono programmate con casi precedenti risolvano il caso usando l’esperienza del passato. Ma un delitto non è mai uguale a un altro. Ci possono essere certamente delle analogie, ma la realtà è ogni volta diversa e supera sempre l’immaginazione e il pregresso. Il rischio che ci possano essere delle deviazioni una sorta di “matrix effect” è da evitare a tutti i costi, perché ci troveremmo in uno scenario non equilibrato e soprattutto non etico. Molto da fantascienza e da film, più che da vita reale!».