La rubrica l’Opinionista in collaborazione con Corriere del Ticino per questo mese incontra Matteo Gallidabino, professore assistente in scienze forensi alla Northumbria University, intervistato da Davide Proverbio. Il video integrale è a questo link.
Ci sono settori e ambiti di studio che sono attraversati dal digitale e dall’innovazione in modo dirompente. È il caso delle scienze forensi, che per effetto di alcune evoluzioni tecnologiche stanno cambiando totalmente approccio e modalità di indagine. Questo avviene a partire dalla scena del crimine, che oggi prevede la possibilità di essere analizzata e studiata con metodi basati sul machine learning e l’intelligenza artificiale (AI). E proprio in questo scenario che spesso vediamo in alcuni produzioni cinematografiche, come i vari CSI di matrice americana, si muove tra i massimi esperti al mondo Matteo Gallidabino, luganese di origine ma da alcuni anni professore in una prestigiosa università anglosassone. Lo abbiamo incontrato con Davide Proverbio e ne è scaturita un’intervista originale, che trovate in sintesi qui di seguito.
Matteo, da cosa nasce l’interesse e la passione per sviluppare nuovi approcci di studio e analisi attraverso le tecnologie digitali?
«Sono sempre stato molto appassionato dei fenomeni legati al mondo forense e sono partito proprio dal Ticino andando a studiare all’Università di Losanna, che è la più antica al mondo in queste discipline. Il mio campo di studio è legato alle tracce chimiche, dalla polvere da sparo, agli esplosivi, alle droghe, ad eventuali medicine o componenti di natura sintetica. In pratica, io studio e analizzo come quel residuo chimico abbia potuto raggiungere la scena del crimine. Ma se prima erano i veleni il focus della ricerca, oggi ci sono molte altre sostanze che possono essere analizzate, perchè la tecnologia ci può permettere di ricostruire la catena criminale e di profilare, ad esempio, le droghe che sono presenti in una certa situazione criminosa».
Potremo cadere in uno scenario alla Minority Report in cui saranno le macchine a scoprire chi è il colpevole?
«L’AI e il machine learning sono un supporto importantissimo, capace di cambiare profondamente le scienze forensi. Sono oggi diventate fondamentali perché aiutano a estrarre informazioni, ma a mio modo di vedere non si possono sostituire all’ingegno e creatività umana. Non prevedo ci possa essere un futuro distopico, in cui si darà alla macchina il potere di decidere e risolvere un caso, ma certo avremo sempre investigatori che utilizzeranno al meglio le innovazioni. Infatti, il rischio delle macchine è che se sono programmate con casi precedenti risolvano il caso usando l’esperienza del passato. Ma un delitto non è mai uguale a un altro. Ci possono essere certamente delle analogie, ma la realtà è ogni volta diversa e supera sempre l’immaginazione e il pregresso. Il rischio che ci possano essere delle deviazioni una sorta di “matrix effect” è da evitare a tutti i costi, perché ci troveremmo in uno scenario non equilibrato e soprattutto non etico. Molto da fantascienza e da film, più che da vita reale!».