Articolo apparso sul blog di ated-ICT Ticino ospitato su TIO
Nelle scorse settimane l’Unione Europea ha intrapreso una causa contro la Cina presso l'Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Al centro una questione di natura tecnologica, ovvero la Cina avrebbe impedito alle società europee di proteggere i loro diritti sui brevetti "essenziali standard", come quelli sulle tecnologie di rete mobile 3G, 4G e 5G. Pechino avrebbe organizzato a partire dal 2020 una forma di pressione, che renderebbe di fatto impossibile per le società europee con brevetti high-tech la possibilità di proteggere legittimamente le proprie tecnologie, così da danneggiare l’innovazione e la crescita in Europa.
Per comprendere meglio quali violazioni e ripercussioni ci possono essere per aziende e privati nel merito di questa iniziativa intrapresa dall’Unione Europea, ne abbiamo parlato con l’Avvocato Europeo Zulay Manganaro Menotti.
Avvocato Menotti, quali sono le violazioni che l’Unione Europea ha contestato alla Cina secondo le norme che regolano il diritto commerciale e internazionale?
L’Unione Europea si è rivolta al WTO (ovvero, l’Organizzazione mondiale del commercio) proponendo azione contro la Cina a causa dei limiti imposti da quest’ultima alle nostre imprese europee di rivolgersi a un Tribunale straniero – dunque non cinese – al fine di proteggere e utilizzare i propri brevetti. Succede, infatti, che le imprese europee titolari di diritti su tecnologie chiave, in particolare 3,4 e 5G, sono sovente costrette a proteggere le tecnologie stesse da usi illegali o non sufficientemente remunerativi del brevetto. Ebbene, dal 2020, gli attori economici europei vengono pesantemente sanzionati con multe (pare) fino a 130 mila euro al giorno in caso di mancato adeguamento, potendo decidere i tribunali locali di vietare – con un’ingiunzione - ai titolari europei di brevetti di rivolgersi alle autorità giudiziarie non cinesi. Sostanzialmente si lamentano la difficoltà a proteggere i propri diritti, gli ostacoli posti allo sviluppo delle tecnologie innovative e all’industria high-tech europea, con conseguenti pressioni illegittime sugli interessi economici in gioco e gravi violazioni giudiziarie.
In che modo e con quali soluzioni l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) può tutelare i diritti violati delle aziende europee coinvolte?
Secondo l’UE, la Cina non si conforma agli accordi del WTO sui diritti di proprietà intellettuale denominati Trips. Essi non nascono come un codice sulla proprietà intellettuale, ma vogliono salvaguardare le molteplici convenzioni internazionali e fanno esplicito riferimento al WIPO (ovvero, World Intellectual Property Organization). Ci si aspetta che a seguito delle consultazioni tra le parti interessate venga sollecitato un adeguamento concreto, rispettoso e celere del baluardo riportato dall’art. 7 Trips: “La protezione e il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale dovrebbero contribuire alla promozione dell’innovazione tecnologica, nonché al trasferimento e alla diffusione tecnologica a reciproco vantaggio dei produttori e degli utilizzatori delle conoscenze tecnologiche e in modo da favorire il benessere sociale ed economico, nonché l’equilibrio tra i diritti e gli obblighi”. Gli Stati sottoscrittori dei Trips si impegnano a osservare le norme sostanziali delle convenzioni pur non facendone parte (solo a titolo di esempio: la Convenzione di Parigi, la Convenzione di Berna, il Trattato di Washington ecc.…). L’intervento del WTO deve aiutare le compagnie europee a esercitare il diritto di chiedere giustizia in termini corretti quando la loro tecnologia è usata illegalmente. Come si ottiene questo? Ripristinando il principio sacrosanto per cui “il conseguimento dei brevetti e il godimento dei relativi diritti non sono soggetti a discriminazione in base al luogo dell’invenzione, al settore tecnologico e al fatto che i prodotti siano di importazione o di fabbricazione locale”.
Il concetto di brevetto, dal suo punto di vista, quanto è di fondamentale importanza per promuovere l’innovazione e la crescita? Ad esempio, anche nell’ambito dell’industria farmaceutica abbiamo compreso come sia un fattore critico di successo poter proteggere la formula di un vaccino o di un farmaco.
La domanda è calzante, ma molto complessa. Occorre ponderare vantaggi e svantaggi offerti dagli strumenti a disposizione (legislativi in primis) e che si possono approntare. Tenga conto del fatto che - in estrema sintesi - tra i requisiti di brevettabilità è fondamentale una descrizione tale da permettere a tecnici esperti del settore coinvolto – quindi non a un qualunque conoscitore della materia – di apprendere le conoscenze tecniche insite e rivelate nel brevetto. Perciò, occorre disporre delle qualifiche ed esperienze necessarie. Su tali importanti aspetti, giurisprudenza e dottrina non sono ancora del tutto allineate. Vi ricordo – a proposito della crescita e dell’innovazione – che venne elaborata la Direttiva 91/250/CEE proprio per evitare un sistema eccessivamente protezionistico che rallentasse lo sviluppo e la ricerca tecnologica nel caso dell’industria comunitaria del software, la cui protezione giuridica era assai già seguita anche in ambito di World Intellectual Property Organization (o WIPO). Possiamo azzardare che la tutela brevettuale a volte può non risultare ottimale dato che i criteri per il brevetto non sempre vengono soddisfatti nonostante gli ingenti investimenti e considerato, altresì, il pagamento di tasse davvero importanti per l’ottenimento del brevetto stesso. Da qui la scelta di strumenti come il “diritto d’autore”. Vero è – che sempre in ambito tecnologico – proprio il diritto d’autore ha iniziato ad arginare la pirateria informatica; tuttavia, non ha offerto una protezione sufficiente alle cosiddette “duplicazioni maliziose”.